La Giustizia Amministrativa oggi

L’attuale sistema della giustizia amministrativa si trova oggi – nel quadro d’una più ampia crisi degli ordinamenti giudiziari del nostro paese – al centro d’una serie di considerazioni e riflessioni critiche, che sarebbe errato sottovalutare.

In questo quadro critico – si vedano da ultimo le dichiarazioni rese dal Presidente del Consiglio Renzi nella seduta del 24 febbraio scorso al Senato – se è per un verso da escludere l’ipotesi d’un superamento della giurisdizione amministrativa, non ci si può tuttavia sottrarre dal considerare la necessità d’una sua rapida ed incisiva riforma.

Stiamo infatti entrando – sia pure con estremo ritardo e con gravi affanni – in una fase storica nella quale l’esigenza di profonde riforme di sistema appare indilazionabile tanto quanto appaiono incomprensibili le resistenze conservatrici che ancora permangono e si fondano su remore ideologiche o difese di interessi settoriali e corporativi.

Tanti sono i fenomeni che spingono verso l’indilazionabile necessità d’una epoca riformatrice ma tra questi – per l’incidenza che hanno nel mantenere condizioni di arretratezza e nel causare perdita di risorse – ne vengono in particolare individuati due: l’inefficienza e lentezza delle attività amministrative e la corruzione degli apparati pubblici.

Orbene, se è vero che le cause di ciò sono molteplici – dall’instabilità politica alle metastasi normative – è tuttavia altrettanto vero che i rimedi deterrenti, tra i quali il sistema della giustizia amministrativa dovrebbe svolgere attraverso il richiamo a principi di legalità e giustizia un ruolo fondamentale, non riescono a svolgere adeguatamente la loro funzione.

Ci troviamo perciò di fronte ad una progressiva riduzione della capacità di incidenza e di controllo del sistema della giustizia amministrativa sulle attività dell’amministrazione pubblica.

Questa perdita di peso della giurisdizione amministrativa che si riflette anche in un crescente distacco dall’opinione pubblica ha certamente causa nella debolezza ed insufficienza delle strutture, dei ruoli organici e dei mezzi a disposizione.

Ma – accanto a questa causa strutturale alla quale occorre certamente porre nel modo più rapido ed incisivo possibile i necessari rimedi – ne esistono altre anch’esse strutturali ed altrettanto gravi e significative.

Sul piano più generale infatti – al di là dell’impegno personale e delle qualità professionali che esprimono i collegi giudicanti – non emerge con chiarezza una cultura della giurisdizione amministrativa che colga fino in fondo le necessità d’un profondo mutamento del ruolo dell’amministrazione pubblica che passi dal principio di autorità sul cittadino a quello di servizio per il cittadino.

Si tratta d’un passaggio culturale che – laddove rimanga mancato – conduce il sistema della giustizia amministrativa ad assumere posizioni di giustificazione o mediazione tese a riparare più che a correggere gli errori e le inadempienze dei soggetti amministrativi, mediante un esercizio pedagogico, rigoroso e sanzionatorio (si veda per tutte, l’oscillante incertezza delle pronunzie in materia di responsabilità risarcitoria dell’amministrazione pubblica).

A questa posizione di debolezza della giurisdizione amministrativa nei confronti dell’amministrazione pubblica ha dato peraltro un robusto quanto negativo contributo il codice del processo amministrativo con una impostazione autoritaria ed ostativa rispetto al pieno esercizio dei diritti di difesa che finisce troppo spesso per ignorare le regole del giusto processo e diventa causa di crescenti ricorsi alla Corte di Strasburgo per violazione dell’articolo 6 della Convenzione.

Ma soprattutto la debolezza di cui stiamo discutendo discende da una impostazione legislativa deflattiva del ricorso alla tutela giurisdizionale che – tra la crescente esorbitanza dei contributi unificati e l’incremento delle pronunce processuali dall’inammissibilità al difetto di giurisdizione – finisce per condurre ad una perdita di ruolo e di significato dello stesso sistema di giustizia amministrativa nel suo complesso.

Occorre perciò riuscire ad individuare, nel quadro riformatore di cui si è già prima detto, un sistema di rimedi che superi il carattere debole della giurisdizione amministrativa attraverso una potestà giurisdizionale piena ed estesa all’accertamento ed alla valutazione dei fatti presupposti all’azione amministrativa in relazione alle norme e ai principi nazionali e sovranazionali che li regolano.

Occorre peraltro – accanto a tale prima misura – un’unificazione del ruolo dei giudici amministrativi con quello dei consiglieri di stato, ed una separazione di ruolo tra magistrati con funzioni consultive e giurisdizionali (escludendo la prassi relativa all’attribuzione di consulenze o incarichi estranei alle funzioni attribuite).

Un’ultima misura infine va individuata nella revisione del codice del processo amministrativo e dei meccanismi di accesso alla tutela giurisdizionale amministrativa a partire dall’abolizione del sistema ostativo all’accesso dei contributi unificati.